LEOPORNO
ALLA LUNA (di Giacomo Leopardi)
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l'anno, sovra questo colle
io venia pien d'angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l'etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l'affanno duri!
ALLA LUNA (di Eiaculo dal Dardo)
O graziosa luna, io mi rammento
che or volge l’ano sovra questo culo
e io venia sulla coscia a ritirarmi.
Al pene davi succulento asilo,
siccome or fai che tutta lo richiavi.
Ma nel cul leso e tremulo dal pianto
che ti sorgea dal coglio, alle mie feci
il tuo vello apparia, che stravogliosa
era mia virilità: il pene cangia stile,
o mia dolente luna. E pur mi chiava
il ricco dardo e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh, come grassa scorreggia
mi stappa e giova, quando con lungo
sperma imbeve e allarma il grosso
membro che trapassa cosce,
il cul farcisce e che fa l’ano duro!
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