Tuesday, July 04, 2006

Il raccontatore di cibo

Ascoltatelo dire COSCIA DI POLLO, ascoltate come fa esplodere la gutturale per poi strusciarsi contro i denti come un micione, il tempo di assaporare tutte le possibili implicazioni della parola «coscia».
Viene a distoglierlo dalla visione di lussuriosi cuscini la nuova detonazione della P, seguita da quel soffice ed elastico LL che sembra esprimere tutta la tondetta pennitudine del pollo (pollo. poLLo. poLLLLLLLLo).
E le sue O ? Come gli si spalancano gli occhi, quando partecipa alla sorpresa ovale delle O!
Il raccontatore di cibo non si limita a dire «coscia di pollo»: ne rivendica l’esistenza, ci costringe a meravigliarci con lui di una realtà privilegiata nella quale è possibile imbattersi, di punto in bianco, in una coscia di pollo.

Ma al momento della rivendicazione segue quello della poesia, ed ecco che si trasforma l’espressione del raccontatore di cibo. Poco prima stralunati, gli occhi si fanno fessure sottili; il capo è reclinato all’indietro (come per reprimere un brivido di piacere che lo distoglierebbe dalla sua trance) mentre le dita, protese in avanti, ricamano svolazzi minuti. Nel suo racconto, si intrecciano in contrappunto la dettagliata descrizione della pietanza e l’epopea del suo consumo: con lui sopportiamo il passeggero dolore agli incisivi quando, profanando il croccante della pelle, affondiamo i denti nella carni scottanti, dalle quali risucchiamo a piene labbra il sugo ricco e carico di grasso.
Le nostre narici, con le sue, accolgono l’aroma ferocemente speziato e tentano di analizzarne i componenti (curry, paprkika, zafferano, tandoori) prima di venirne sopraffatte. Le orecchie diventano paonazze e roventi, il palato è come anestetizzato; la pelle formicola mentre dai pori sprizzano rigagnoli di sudore che inguainano il corpo in un sottile strato di umidità, tanto che sentiamo il bisogno di tirare sulla stoffa delle mutande rimaste incollate alle natiche. Prima di farlo, esitiamo con lui a pulirci la mano unta di sugo in un tovagliolo, ma decidiamo di leccarci piuttosto le dita una ad una, schioccando le labbra. Con lui, respiriamo sempre più rumorosamente dal naso per non interrompere l’avido lavorìo delle mandibole, ed ogni ghiotto boccone manda fremiti di felicità fino alla punta dei nostri alluci.

Il raccontatore di cibo è un bardo del quotidiano e rimpiazza efficacemente i telefoni rosa. Se ne conoscete uno anche voi, tenetevelo stretto (ma non scrivete MAI una post su di lui alle tre del mattino in un appartamento desolatamente disertato da cosce di pollo).

3 Comments:

Blogger Melinda said...

Hello, hello. Just to let you know, my earlier comment may come up twice - I think Blogger's being odd today - but the first one was cut off. Promise I'm not spamming!

8:00 AM  
Blogger Shaman Dandulla said...

Melinda, You can spam as much as you like

ps. your Link is up and running now.

So lets see...

Granchio (crab) fresco (fresh) di (of) mare (see)

ciao.

8:36 AM  
Anonymous Anonymous said...

oddio!!! mi e' venuta l'acquolina in bocca.. vorrei tuffarmi nelle soffici carni pollesche! Spezzare un cosciotto e lavarmici le ascelle, imbrattarmi con il suo grasso spalmandomici le orecchie, farmi uno shampoo con il suo sugo ancora caldo e deliziosamente peperospeziato e magari usarne un po’ per sciacquarmici i denti massaggiandomi le gengive... Ah che goduria che e’ il cibo! Donde scappi cosciotto mio che mo’ t’accoppo io...

11:12 PM  

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