Sunday, May 14, 2006

Il taxi

Della tassista si vede solo la nuca: lunga coda castana, berretto da chauffeur. Sta’ a vedere che non ha faccia?
Sarebbe bello che ne avesse una, per sberlarla.
Mancano quattro minuti all’appuntamento.

Il taxi avanza tra due file di case bianche. Sarà qui? Le chiedo di fermarsi.
«Per favore può aspettarmi?»
Appena sceso dal taxi non sono più sicuro. Anzi per niente, io queste case bianche non le ho mai viste, non è qui l’appuntamento, l’appuntamento non è qui e il tassametro va.

Ripartiamo ma già non so più dov’era l’appuntamento, già non so più cos’era l’appuntamento, queste case bianche sono tutte uguali, le riconosco e non le riconosco, non ho più voglia di guardarle. Guardo solo due cose, il tassametro e l’orologio, l’orologio e il tassametro. Tre minuti, due, uno.

E quando indicheranno che non ci sono più soldi, che non c’è più tempo, non resterà altro da fare che scendere dal taxi, imboccare un viale qualunque e entrare in una casa bianca, qualunque. Bianca pure l’erba, bianco il cielo.

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